giovedì 27 dicembre 2012

i miei donatori di lavoro

Correggo bozze per un editore a pagamento, ricevo le commesse via e-mail e i miei datori di lavoro non li ho mai conosciuti. L'editoria a pagamento è multiforme: ci sono quelli più truffaldini che beffano con contratti nebulosi e costringono l'autore ad acquistare copie che non venderanno mai; altri sono più onesti e stabiliscono nero su bianco dei tariffari su diversi servizi, l'autore chiede un preventivo e poi decide se e cosa pagare. Io lavoro per questi. Essendo un mondo impazzito, l'editoria non dovrebbe funzionare così ma esattamente all'opposto: nessun autore dovrebbe mai pagare per essere pubblicato, nessun editore dovrebbe chiedere soldi per pubblicare. Il lavoro, se degno e decoroso, dovrebbere percorerre ben altre vie: l'editore valuta un manoscritto e decide se investire, non il contario. L'editore mette a disposizione le sue competenze per valorizzare al meglio l'autore, non il contario. Ma nel mondo dell'editoria che ha lo sguardo di chi cammina a testa in giù, l'editoria a pagamento è quella che fattura. Noi collaboratori esterni, ben poco in realtà.
Nel mondo all'incontrario i miei donatori di lavoro non mi hanno mai fatto un colloquio, mi hanno chiesto qualche referenza e competenza e poi ho iniziato. Ho parlato con loro al telefono solo un paio di volte per dei dettagli, immaginando dalle voci la loro età. Non so quanti siano i miei colleghi, certe volte fantastico un nutrito gruppo sparso qua e là, altre mi vien da pensare che siamo ben pochi visto che ogni tanto mi mettono molta fretta. Ma io cerco di essere puntuale e loro sono contenti. Le e-mail che mi mandano sembrano prestampate, un unico carattere e formato, sempre precise e dettagliate. In queste ultime settimane ho cambiato referente però, è successo che dopo i primi mesi improvvisamente se n'è inserito uno nuovo e quello con cui avevo sempre colloquiato progressivamente ha perso il suo ruolo... Questa cosa mi ha un po' preoccupata ma sono riuscita a gestire la mia curiosità concentrandomi sul distacco professionale, come il format delle loro e-mail. In questi ultimi giorni, in realtà, siccome alcune commesse erano particolarmente ostiche, il mio nuovo referente mi ha chiamata per ben due volte al telefono e, come dire, questa cosa mi ha fatto piacere, come se stessimo prendendo più confidenza. Fra qualche giorno mi sentirò meno intimidita e magari gli farò pure gli auguri di buon anno. Via e-mail, s'intende, anche se le mie sono sempre sgangherate. Aspiro a raggiungere il format ideale. Ah, loro mi danno del Lei.


sabato 22 dicembre 2012

I libri si usurano, sappiatelo


Il grande pezzo del lavoro in libreria consiste nel prendersi cura dei libri. Non nel senso letterale o intellettuale, ma puramente fisico. La giornata in libreria inizia con lo spolvero, dalla mensola più alta a quella più bassa, perché la polvere cade, mica risale. Soprattutto però mai passare lo straccio sulla costa superiore, così si rischia che i granelli si infilino tra le pagine e son danni. Tutto ciò avviene con cura e generosità, il libro lo si ripone in maniera lineare, lo si raddrizza, si lucida la copertina e per chi vuole osare c'è anche spazio per cambiargli posizione, o ricollocarlo, o decidere una buona volta che ha fatto il suo tempo e che è ora che ritorni in fila agli altri. Così, ricordo, iniziai il mio primo giorno di lavoro: la collega, la mia prima maestra, mi accolse dicendo: "Vuoi imparare a fare questo lavoro? Ecco, comincia a spolverare". E io ne fui entusiasta, perché così e non in altro modo, imparai. Questo è la cura e la dedizione che si dà ai libri, perché tutto ciò che sta loro attorno, gli è ostile. La polvere, le piccole gocce di acqua e di umido che si infiltrano e gonfiano leggermente la carta, o creano piccoli rivoli tra le pagine, e la luce che scolorisce le copertine. A una bancarella una volta ne vidi una che portava in sé i segni di un principio d'incendio. La carta è mobile, i pori sono cellule deboli che non hanno molta sostanza per rimanere aggregate e spesso, quelle più in difficoltà, rischiano di sgretolarsi tra le dita. Noi tendiamo a prendercene cura a mantenerli se non perfetti, almeno in buona forma. Ma un libro sente il tempo che passa che li accartoccia e ingiallisce le pagine, che lo rende un vecchio anziano incanutito. E quando le clienti, con fare spocchioso, si avvicinavano facendomi notare piccoli segni di spiegazzature o di pagine non più di accecante clorato, io le guardavo con fare rassegnato dicendo loro: "Dobbiamo farcene una ragione, niente possiamo fare contro ciò che accade, perché i libri sono esseri vivi e non indenni allo scorrere del tempo che li usura."

venerdì 21 dicembre 2012

dammi fiducia

«Ci sono tante cose che mi esasperano e che non riesco a leggere. Qualcuno inizia con la descrizione del personaggio che si imbarca su un aereo e raddrizza il sedile. E io gli direi: tesoro, sono stata su un aereo. Dammi fiducia».

mi hanno fatto credere...

Iniziai a correggere bozze un anno fa, dopo un intenso corso editoriale. Pensavo, e a ragion veduta, che il leggere, ma soprattutto la dimensione del silenzio e della concentrazione, mi potessero giovare dopo anni di caotiche librerie, dove le parole mute e appiccicate alle pagine reclamavano giusta attenzione e cura, scalzate dal rumore di altre voci chiassose e pretendenti attenzioni spesso disilluse. I margini per quel lavoro stavano finendo e volli impararne un altro. Imparare una tecnica, un metodo, un rigore nuovi di cui avevo bisogno. Il correttore di bozze è un personaggio altamente letterario: in questo bel romanzo http://www.marcosymarcos.com/Il_correttore/Il_correttore.html il protagonista sta per vivere la tragedia terroristica della strage di Atocha a Madrid mentre corregge i demoni di Dostoevskij e poi qui http://www.einaudi.it/libri/libro/sophie-bassignac/gli-acquari-luminosi/978880619710 lei è una correttrice che dalla sua stanza sbircia le finestre accese degli appartamenti vicini...
Tempo fa si aggiunse anche un blog di professionisti che raccontavano le proprie esistenze, ne lessi alcune rimanendo stupefatta: una donna aveva finalmente scelto di andare a vivere col marito in campagna, nel verde dei boschi, coi cani. Al mattino, ancora in vestaglia, aspettava il postino che le recapitava il manoscritto spedito dall'editore e lei iniziava il suo lavoro in terrazza.
Questa cosa mi si stampò nella mente e continuai per giorni a immaginare la donna con la casa nel bosco. Non ci volle molto a intuire che le cose, proprio così non erano...